Produzione
È commercialmente disponibile grazie alla produzione su larga scala a prezzi economici, in diverse tipologie che permettono di avere diverse proprietà, interessanti per ambiti diversi.
Vi sono molti grandi produttori nel mondo, con almeno 30 siti produttivi sparsi tra Nord America, Europa ed Asia. Il leader mondiale nella produzione di acido polilattico, commercializzato con il nome di NatureWorks©, è sicuramente Cargill USA, con un impianto in Nebraska in grado di produrre 140.000 t/anno (www. natureworksllc.com).
Il costo commerciale può variare tra i 2 e i 5 €/kg, in base alle diverse tipologie presenti sul mercato.
Tra i prodotti, è commercializzata anche una schiuma di PLA distribuita con il nome di BioFoam®, che si presenta come alternativa biodegradabile ai prodotti attualmente utilizzati a base di polistirene.
L’Acido Polilattico ha un aspetto esteriore praticamente uguale a quello della plastica e può essere modellato in lamine, fibre o sfere, a piacimento. Se ne possono, dunque, ricavare delle bottiglie e totalmente biodegradabili e lo stesso materiale può essere impiegato per le etichette.
I processi produttivi si basano principalmente sull’estrusione della colata, seguita da un secondo stadio produttivo (termoformatura, iniezione, rivestimento, soffiaggio, spinning).
Le proprietà del polimero devono rispondere positivamente non solo alle richieste del prodotto finale, ma anche alle specifiche condizioni di questo secondo stadio. Tra i parametri cruciali troviamo sicuramente la temperatura di lavoro, che dipende dalla viscosità della colata. Quest’ultima è legata alla distribuzione dei pesi molecolari, al tipo e alla quantità di plastificanti, alla deformazione applicata e al tipo di processo produttivo che si è scelto. È quindi molto importante studiare le proprietà reologiche dei polimeri in modo da poterli abbinare con i processi produttivi più opportuni.
Poichè lo stiramento ne migliora le proprietà, molte delle applicazioni produttive possono essere trovate tra le seguenti :
• Termoformatura
• Film (bi) orientato
• Iniezione soffiaggio ( flaconi & bottiglie)
• Fibre
Le fasi di preparazione possono così riassumersi:
- Separazione dell'amido da fibre e glutine
- Liquefazione e saccarificazione dell'amido
- Fermentazione con riutilizzo nel brodo di coltura della parte proteica separata dall'amido
- Purificazione e concentrazione delle soluzioni di sale dell'acido lattico
- Polimerizzazione
- Preparazione del manufatto
Due stadi distinti: sintesi per via fermentativa e isolamento dell'acido L-lattico, polimerizzazione dell'acido ottenuto. La fermentazione industriale avviene grazie a un batterio del genere lactobacillus, che abbia una purezza elevata per non influenzare la purezza ottica dell'acido prodotto. Come materie prime si usano zucchero, melasse e siero di latte. In alternativa viene utilizzato Bacillus coagulans.
La bioplastica, in agricoltura per la pacciamatura sotto forma di biotelo, risolve il problema dello smaltimento in quanto la pellicola è lasciata a decomporsi naturalmente sul terreno. Dopo le prime critiche sulla resistenza delle buste realizzate con le bioplastiche, son arrivati a fine 2011 sul mercato sacchetti di una resistenza superiore ai prodotti precedenti con uno spessore (23 micron) e un peso (oltre i 16 grammi) maggiori.
Tra le buste in commercio alcune sono certificate da ICEA il cui logo è esposto sullo shopper.
Il PLA standard non puo’ essere impiegato per l’imballaggio di prodotti a più di 55°C. Per tali applicazioni é in sviluppo una versione C-PLA.
Ad oggi i materiali a base di PLA sono commercializzati in tre diversi campi: il biomedicale, l’imballaggio e il tessile.
Sono attualmente in commercio dispositivi biomedicali, suture, bottiglie ottenute per soffiaggio, tazze, cucchiai e forchette stampati ad iniezione, vassoi e tazze termoformate, fibre per l’industria tessile.
Altri esempi di prodotti biomedici sono i dispositivi per fissare le fratture, come viti, suture, placche di diffusione e di sostegno.
Le applicazioni tipiche del PLA
- Contenitori per alimenti
- Bottiglie per l'acqua
- Filamenti per stampa 3D
- Protesi medicali
- Suture mediche
- Rivestimenti per il rilascio controllato di farmaci
- Packaging
- Buste biodegradabili
Il PLA è considerato sia biodegradabile (adatto per gli imballaggi a breve termine) sia biocompatibile in contatto con tessuti viventi (adatto per applicazioni biomedicali come impianti, suture, capsule per i farmaci, ecc.) È utilizzato anche sotto forma di microsfere iniettabili, che fungono da riempitivi temporanei nel caso di chirurgia ricostruttiva facciale.
Attualmente, circa il 70 % del PLA prodotto viene utilizzato nel settore dell’imballaggio. A causa del suo costo elevato, l’uso iniziale del PLA come materiale di packaging era limitato a film di alto valore, termoformati rigidi, contenitori per cibi, bevande e carte ricoperte.
Una delle prime compagnie ad usare il PLA negli imballaggi fu la Danone per i vasetti dello yogurt ma ora l’uso si è esteso in tutta Europa, Giappone e USA, dove sono utilizzati per prodotti freschi e a breve conservazione, come frutta e verdura.
Le possibili applicazioni includono contenitori, tazze per bevande, insalate e gelati, involucri per dolci, film laminati e blister.
È particolarmente adatto per l’imballaggio di cibi e pane grazie alla sua trasparenza, alle buone proprietà meccaniche e ad un’idonea permeabilità all’umidità (proprietà migliore rispetto ai polimeri a base amido).
È utilizzato anche per le bottiglie contenenti acqua non gassata (a causa dell’elevata permeabilità all’anidride carbonica); in Italia è commercializzato da Sant’Anna come BioBottle.
Nel campo non alimentare la Panasonic ha usato questo materiale per imballaggi rigidi di batterie.
Il PLA è il materiale più usato nella realizzazione di prodotti mediante l'utilizzo di macchine di prototipazione rapida che utilizzano tecniche produttive quali la FDM (Fused Deposition Modeling), meglio note come stampanti 3D.
I vantaggi di un materiale "biologico"
- È un'alternativa a riciclaggio e reimpiego senza compiti ulteriori per i consumatori: i rifiuti bio teoricamente possono essere depositati tutti in discarica, data la loro rapida biodegradabilità. L'impatto ambientale di tale scelta di smaltimento è inferiore sia alla termovalorizzazione di rifiuti bio, sia al compostaggio, in termini di energia richiesta ed emissioni dei processi. La compressione dei rifiuti per ridurne la densità volumetrica richiede 5-10 minuti per tonnellata di rifiuti (poca energia) ed ha emissioni zero (la pressione dei rifiuti non è un processo chimico, ma meccanico; non genera fumi).
- Riduce gli oneri di gestione dei rifiuti nel caso in cui i materiali bio inizino a sostituire vetro, plastiche e rifiuti riciclabili; ovvero nel caso in cui produttori di generi alimentari utilizzino materiali bio per gli imballaggi e i produttori di plastiche immettano in commercio plastiche biodegradabili. Ciò consente di diminuire i contenitori dei rifiuti sul territorio (eliminando quelli di carta, vetro e materiale plastico) e i costi logistici di deposito (i rifiuti caricati periodicamente da un camion per la carta, uno per le plastiche, ecc., verrebbero caricati "quotidianamente" insieme a tutti gli altri), sarebbe necessario un sovradimensionamento della capacità di contenitori dei rifiuti e camion per il loro trasporto.
- Biodegradabilità e decomposizione naturale in un tempo breve.
- Producibilità di concime in quanto la sostanza è fertilizzante. Ad esempio, la frazione umida dei rifiuti casalinghi può essere raccolta in sacchetti di bioplastica, e messa in compostiera.
- Minori emissioni di fumi tossici nel caso di incenerimento.
- Igiene dei contenitori alimentari: in particolare le bevande corrodono col trascorrere del tempo parti della confezione e assorbono sostanze nocive di cui è composto il contenitore (ad esempio, acqua minerale col PET, bibite in lattina). Per questo motivo (evitare il contatto con le sostanze del contenitore), più che per una scadenza della bevanda, è prevista una data di scadenza delle confezioni; nel caso di contenitori bio, nel caso peggiore la bevanda assorbirebbe degli amidi, sostanze non tossiche, che le toglierebbero sapore senza creare però pericoli di intossicazione. In Italia, l'igiene dei contenitori alimentari è regolata dalla legge (Direttiva Europea 2002/72 con relativi emendamenti, Regolamento 1935/2004 e altri). In base alle leggi citate, ogni materiale plastico che viene messo in contatto con gli alimenti viene previamente sottoposto a test che ne determinano l'idoneità all'uso. In particolare i componenti delle plastiche usate nel confezionamento degli alimenti devono essere approvati dalla Direzione Generale per la salute dei consumatori dell'Unione Europea e inserite in apposite liste. Esistono limiti per la trasmissione di sostanze agli alimenti, correlati alla natura chimica delle sostanze stesse, che non possono essere superati. Anche le bioplastiche contengono additivi, modificanti e coadiuvanti di processo, che possono essere trasmessi agli alimenti, presenti in quantità tali da non render gli alimenti pericolosi o inaccettabili dal punto di vista del gusto.
Gli svantaggi di un materiale "biologico"
- Le bioplastiche possono ridurre la disponibilità di derrate alimentari, se prodotte a partire da prodotti agricoli come il mais.